03 Mar Pistacchi e frutta secca rischio aflatossine. Perché scegliere quello D.O.P di Bronte
Il pistacchio è sempre più consumato nelle nostre tavole e apprezzato per i suoi effetti benefici all’interno di una dieta equilibrata. Consumato sia intero che lavorato, in trasformatii, quali pesti e creme dolci spalmabili e all’interno di dolci e prodotti da pasticceria.
Famosissimo anche il gelato al pistacchio, che spopola nelle pasticcerie sia nazionali che estere e se una volta il gelato al pistacchio conteneva armelline, i semi dell’albicocca e la clorofilla per enfatizzare artificiosamente il colore verde che appariva fin troppo brillante, oggi le gelaterie iniziano a puntare sul pistacchio di qualità, quello D.O.P, che si caratterizza da un verde brillante al naturale ma che una volta lavorato, al contrario, diventa meno squillante lasciando spazio ad un esplosione di sapore e intensità. Diffidare quindi dai colori troppo accesi e verdi “acidi” dei trasformati di pistacchio.
I principali Paesi che producono pistacchi sono l’Iran, dove il frutto è il primo prodotto di esportazione dopo il petrolio, Gli Stati Uniti, con la California, insieme alla Grecia e alla Turchia.
In Italia il pistacchio è diventato un’eccellenza alimentare grazie all’ “oro verde” di Bronte, dove il pistacchio rappresenta il 90% della produzione nazionale seguita da piccole produzioni nell’agrigentino e nel nisseno, l’unico a cui è stato conferita la denominazione DOP e apprezzato in tutto il mondo per le particolari qualità organolettiche e nutritive del frutto per il particolare habitat in cui cresce, il terreno lavico dell’Etna e le condizioni climatiche favorevoli dell’isola siciliana.
Entrando nel merito del focus del presente articolo, però, i pistacchi, come tutta la frutta a guscio, possono sviluppare muffe che producono sostanze tossiche e cancerogene come le aflatossine.
I maggiori rischi legati alle aflatossine in Italia sono legati soprattutto alla sua importazione dai Paesi come la Turchia e l’Iran, e in minor parte anche Stati Uniti.
La contaminazione dei prodotti italiani da aflatossine risulta minore per motivi legati al clima e all’utilizzo di metodi e processi tradizionali e non industriali, di raccolta e stoccaggio.
Fortunatamente raramente il problema della contaminazione si rileva per i pistacchi di Bronte perché le aziende sono piccole realtà artigianali dove la procedura di essiccazione avviene con tecniche efficaci e tradizionali in apposite serre e dove i pistacchi sono naturalmente essiccati per il solo mezzo del sole senza forni che non assicurano il circolo di aria.
Inoltre non vengono utilizzati pesticidi o agenti chimici che vanno a forzare la produttività.
Tutto ciò evita per il pistacchio l’accumulo di umidità. Il mallo viene eliminato meccanicamente e non si utilizzano macchine ad acqua che le industrie invece preferiscono per rendere i gusci bianchi e lucenti ma che rendono molto più umidi i frutti di pistacchio.
I pistacchi di Bronte hanno il guscio beige chiaro, e le eventuali macchie scure sono da imputarsi all’ossidazione del mallo.
Il pistacchio che possiede il titolo “Pistacchio verde di Bronte con Denominazione di Origine Protetta Dop” e quello biologico prodotto a Bronte viene raccolto da tutti i produttori ad anni alterni, da fine agosto a settembre e nonostante quella del pistacchio sia una produzione, per natura, limitata, il pistacchio di Bronte sembra non finire mai. Questo accade perché la denominazione è appetibile a molti ed è quindi opportuno usare cautela nell’acquistare solo quello che ha davvero questa certificazione. Un problema segnalato anche da un servizio di Report che ricorda come nel 2016 siano emersi illeciti su un quinto dei prodotti controllati.
Bisogna sapere che nella cittadina siciliana si è nel tempo sviluppata un’industria che lavora e confeziona anche pistacchi di altre provenienze. Questi prodotti possono legalmente commercializzati come “prodotti confezionati a Bronte” e questo può trarre in inganno il consumatore. Anche perché su semilavorati – per esempio sulle paste di pistacchio vendute alle gelaterie – o prodotti trasformati destinati al consumatore come pesto, creme o snack, la commissione europea non prevede l’obbligo di indicare la provenienza della materia prima (come per tutti i prodotti mono ingrediente o con ingrediente principale superiore al 50%, con l’eccezione di pasta e latticini).
Per quanto riguarda le etichette, solo il pistacchio di Bronte riporta la denominazione “Pistacchio verde di Bronte Dop”. Oltre alla scritta è possibile riconoscerlo osservando la forma allungata, il colore (esterno viola scuro e interno verde brillante) e apprezzandone il sapore tendente al dolce.
Il sale è anche un ingrediente che porta a capire quale sia il vero pistacchio DOP, generalmente non è salato mentre molti pistacchi iraniani americani o turchi ne contengono quantità elevatissime.
In ultima istanza anche il fattore prezzo è una discriminante rispetto agli altri tipi di pistacchi.
il pistacchio di Bronte costa dai 30 ai 40 punti percentuali in più rispetto a prodotti importati dall’Iran o anche dalla Turchia o dalla Grecia, anche se questo non si traduce in maggior guadagno delle aziende locali, ma soprattutto in costi burocratici e obblighi per assicurare un prodotto di l’eccellenza tutta siciliana e italiana.